Tommaso consiglia di leggere ascoltando: MGMT, Little Dark Age.
r/Ex Voto
Di Tommaso Z. Contò
trenta giorni
Appare il primo post dell’anno.
Oggi da quando mi sono svegliata faccio fatica a respirare. Ho paura.
Duemila upvotes in un’ora.
Anonimi sotto rispondono che è ipocondria che magari c’hai l’asma che non credo proprio ti abbiano scelta stai tranquilla, poi qualcuno dice anch’io e qualcun altro pure anche lui e insomma stamattina almeno trenta persone si sono alzate male e pensano di crepare di qui a un mese.
Io tra un mese ci muoio davvero però non lo scrivo da nessuna parte e non lo dico nemmeno. Sicuro non lo dico a Marietto che mi guarda con gli occhi enormi mentre fa colazione e si sbroda di latte e cornflakes. E non lo dico nemmeno a mamma che da due giorni mi fissa strano e oggi mentre Marietto slurpa il fondo tazza prende coraggio e mi chiede che c’ho. Niente mamma non ci ho proprio niente, ho dormito poco che stavo studiando fino a tardi per l’esame di martedì.
ventisei giorni
La gente non ci sta con la testa e lo schermo mi esplode di mitomani accalcati tutti sotto quel primo post che ha aperto un baratro, una voragine, un turbine catalizzatore di narcisi paranoici. Minimo ottanta persone dicono d’essere state scelte. Sessantasei in più degli effettivi sorteggiati annuali. Io intanto sto peggio e respiro male e non dormo e le costole mi si chiudono nel petto, bucano i polmoni non mi va di mangiare e non mi va di niente se non di urlare ma tiro avanti e a tutti — che lo vedono che sono stravolto — dico sì no non ti preoccupare è ‘sto esame del cazzo che martedì me lo tolgo e poi vedi come mi ripiglio.
E l’esame manco lo do, ché tanto muoio. Nemmeno mi ci cruccio. Che ci vuoi fare, che ci puoi fare ecco appunto niente. Sono le regole. E lo sai da quando sei bimbo, te lo raccontano i genitori, se ne parla tra amici — storia da pigiama party a luci spente racconto del terrore prepuberale, innocuo, che tanto figurati se succede a me o a te ne prendono quattordici l’anno e quei quattordici sicuro non saremo noi non sono le nostre sorelle non sono i nostri fratelli e nemmeno i loro amici, ma quelli di qualcun altro. Distante. Ad almeno dieci gradi di separazione. E quando l’amico ti racconta che conosce uno che conosce uno che il fratello maggiore l’hanno scelto se lo sono portato via e non è più tornato non ci credi nemmeno. Contaballe, pensi. Protagonismo adolescenziale, liquidi.
Poi però tocca a te. Tocca a me.
ventuno giorni
Raga oggi l’hanno detto anche al telegiornale, i sorteggiati dovrebbero avere già cominciato a mostrare i sintomi da giorni ormai.
Trecentosei upvotes. Commenti che richiedono specifiche sui sintomi.
Fiato corto, insonnia, inappetenza, sbalzi d’umore, palpitazioni, annebbiamento mentale, persistente sensazione di agitazione, disagio, irrequietezza o sconforto.
Merda sono io.
Mi sento esattamente così.
Continua così per un’altra manciata di decine di commenti.
Dementi paranoici.
diciassette giorni
Bravo bravissimo per il tuo trenta mi hanno detto tutti per l’esame che non ho dato. A Ingegneria stanno tutti tranquilli. Tutti sani come pesci tranquilli come beoti menti sane in corpi sani e anche un po’ ce li vorrei mandare quando mi dicono ma che sei mogio? ma che t’hanno sorteggiato? — risate grasse a cui mi aggrego perché proprio non mi va di diventare oggetto di compassione lacrimevole pietosa carità del cazzo. O peggio farmi prendere per scemo mitomane esagerato come tutti quelli che stanno nel mio PC a piangersi addosso in cerca di commiserazione, che proprio mi viene il voltastomaco. Però io tra diciassette giorni muoio.
A Ingegneria son tutti tranquilli ma Lettere sta in subbuglio, si dice nei corridoi. Una in aula studio l’hanno sentita dire che Francesco riccio del secondo anno si è chiuso in casa e da giorni non vuole vedere nessuno e piange e piange e se sta come sto io non fatico a vedermelo che gli si sciolgono le guance di lacrime, e dicono stia postando come ammattito
mi hanno scelto mi hanno scelto muoio
(Cinquecentoventidue upvotes)
Gli scriverei stai tranquillo che si muore insieme e poi non ci si pensa più ma finisce che non gli scrivo proprio nulla. Si fotta pure Francesco riccio lettere secondo anno: si muore ognuno per conto proprio.
Gli altri dipartimenti son tranquilli anche loro. Pochi si agitano ma niente di che. Qualcuno dice no impossibile sia solo Francesco riccio siamo tanti qui e ogni anno se ne portano almeno duetre dei nostri, ma poi la si butta sempre in burla e a Chimica sono sereni e pure a Biologia Medicina Fisica Economia tutti sereni.
Fede mi dice che un amico che studia in un’altra Uni sa di una che sicuro l’hanno sorteggiata — sta fuori come un balcone mi dice ed è pure niente male aggiunge, ho visto le foto, magari ci rimedi una sveltina prima che ti freddino eh tristone? Grasse risate a cui non ho forza di partecipare.
dieci giorni
In Uni non ci vado più. Tanto che ci vengo a fare, scrivo agli amici, che io gli esami li ho finiti e non mi va di stare a fare nulla tutto il giorno spalmati tra aule studio e macchinette.
A mamma dico che mi sono preso l’influenza e che voglio starmene a letto al buio, sì con le tapparelle abbassate che la luce mi dà noia sì santo dio mamma è solo influenza mollami. Marietto si strozza di singhiozzi dall’altra parte della parete sottile che separa la sua stanza dalla mia.
sette giorni
Quella del primo post non s’è più sentita ma lì sotto oramai c’è il delirio. Alla gente la roba morbosa fa impazzire. Un paio di scemi sono praticamente delle star e ogni giorno dicono quanto stanno morendo e che sono proprio sicuri sicurissimi di essere loro e si pigliano ventimila upvotes a botta e se il giorno che ci vengono tutti a prendere e ci portano a morire non li vedo lì con me giurosuddio che divento matto più matto di come già mi ci sento ora.
Le tre settimane passate sono state un buco nero di roba al limite dell’allucinazione ogni giorno più bestiale del precedente e arrivati a questo punto sento la mancanza di quei sentori fisici, innocui, dei primi giorni che con gli attuali ce li ribaratterei cento e mille volte e il peso dolce dell’incudine sul petto che all’inizio mi sembrava di scoppiarci sotto ora si fa lieve nel ricordo che quasi me la figuro una coperta, un piumone invernale pesante che un po’ ti impedisce il movimento ma poi come ti culla nel sonno è una meraviglia mentre ora, adesso, oggi mi sento unghie marce puntute ma flosce putrefatte che mi scavano le budella e ci fanno un frullato a pezzettoni multiorgano tutto da leccarsi le coste e il cervello mi si spappa di angoscia che mi pare mi coli dal naso da un momento all’altro e tra le pareti sottili di questa stanza sento solo le fitte del mio fiato mozzo e di là Marietto si strozza di singhiozzi e mamma non ha più il coraggio di guardarmi. Mi lascia il cibo nella stanza ed esce, occhi bassi, non una parola.
cinque giorni
Un ragazzo della mia università si è ucciso ieri, diceva di essere stato sorteggiato e di stare malissimo.
Quelli che si ammazzano non sono mai i veri sorteggiati.
Perché?
Non so spiegartelo bene ma ho letto che quelli scelti per davvero arrivano sempre vivi al giorno del prelievo, il sistema altrimenti non funziona, c’è tutto spiegato sul sito del Ministero.
Povero ragazzo.
Un anno fa faticavo a comprendere perché i sorteggiati una volta capito di esserlo non si ammazzassero da soli o non si dessero alla fuga.
tre giorni
Mi decompongo nel letto e a mamma lo leggo negli occhi bassi che per lei sono già morto, che già è in lutto, che io qui ancora ho il cuore che batte ma lo fa proprio per nulla che si potrebbe anche fermare, che questo sangue che mi pompa in giro non serve a niente, che ormai sono come morto sono morto senza come, anche Marietto ha smesso di piangere.
un giorno
Sera. La TV accesa nel salone annuncia i sorteggiati e per «privacy e rispetto delle famiglie» anziché nomi e cognomi una voce di omino incravattato elenca numeri di matricola. Quattordici sfilze di cifre a cui non ho bisogno di prestare attenzione per sapere che sono lì in mezzo. La voce di omino fa delle goffe condoglianze anticipate e poi zap mamma spegne la tv e non si sente più un suono.
Mi chiedevo un anno fa perché non scappano perché non si nascondono perché non se ne vanno al sicuro da qualche parte di là del confine in Francia in Spagna da qualsiasi parte ma non qui che il giorno dopo li prendono e li ammazzano e poveri sorteggiati tanta compassione e pace all’anima vostra ma pure siete un po’ coglioni che in dodici ore dall’annuncio al prelievo ce n’è di tempo per sparire e non farvi trovare eccome se ce la si fa. Oggi capisco.
il giorno
Aboliti cicli e binarismi sonno/veglia luce/buio giorno/notte non mi è data nemmeno la grazia di un ultimo risveglio. Sto con gli occhi a palla e le tempie implose a fissare il soffitto scuro quando il campanello suona e non c’è bisogno che nessuno me lo dica lo capisco da me che sono gli ospiti miei, sono arrivati, che se potessi gli andrei ad aprire e gli offrirei il caffè e i biscotti e gli farei da Cicerone e direi guardate
questo è il salotto dove giocava il sorteggiato che poi sarei io e questa è la cucina dove mangiava e questo è il corridoio, sì i quadri sono molto belli effettivamente grazie: li ha dipinti un’artista locale no non lo ricordo il nome, sì guardi il bagno è dall’altra parte vada non faccia complimenti. Ma a malapena ho la forza di smontare dal letto, che quando entrano ci sono mezzo seduto sul bordo e a stento mi reggo e gli occhi sono tanto disabituati alla luce che vedo solo tre sagome e nulla più, confuse nella luce che mi pianta mille spilli nella cornea e quando mi prendono sottobraccio e mi trascinano mi pare quasi lo facciano con garbo e io mica mi oppongo — datemi la morte e fate in fretta penso, che qui veramente non se ne può più.
Mi chiedo dove siano mamma e Marietto. Il portone d’ingresso mi sbatte alle spalle e il sole è accecante ma poi le tre sagome mi sollevano e mi incastrano su di un sedile e chiudono la portiera e i finestrini sono oscurati ed è tutto di nuovo semibuio.
Morire è un attimo. Da qualche parte qui ci stanno altri tredici universitari scarognati come me ma nemmeno ci si incrocia, un po’ ci speravo ed ero curioso ma a questo punto poco mi importa. C’è un palazzone di cemento e sopra lettere severe mi dicono che è del Ministero, entriamo io e le tre sagome — ma forse una si è persa per strada, mi pare che a trascinarmi ora siano solo in due — da una porta grossa enorme che ci fanno bip con una carta e questa si apre senza un rumore e poi si è in una sala grande enorme come la porta faceva presagire e da qui un corridoio e continuano a trascinarmi poi mi pare un ascensore un rullo trasportatore un tempo infinito e poi sono solo in una stanza vuota. Io, un tavolo una sedia su cui sto svaccato, quattro pareti un soffitto un pavimento una pillolina grigia come la stanza, proprio sul tavolo, con un bicchiere d’acqua. Morire è un attimo. Ingoio la pasticca senz’acqua e tiro un sospiro di sollievo e mentre crepo e nelle stanze tutto intorno anche gli altri tredici crepano esalano l’ultimissimo respiro si afflosciano i più fortunati sulle sedie mentre quegli altri sbattono a terra e in tutto questo i mitomani dentro al mio PC si quietano e già non scrivono più e insieme a me il Paese tutto sospira di sollievo ma mentre io sospiro sollevato perché finalmente muoio e non desideravo altro, quegli altri sospirano perché si dicono anche quest’anno non è toccato a me non è toccato a mio figlio non è toccato a mio fratello non si sono presi nessuno che mi stesse a meno di dieci gradi di separazione.
Tutto va a posto; la bestia si nutre, il sistema ricalibra, sangue olia il meccanismo; sacrificio rituale, vite ex voto, pegno pagato fino al prossimo anno.
Propongo un minuto di silenzio domani, alle 11:00, in tutte le aule di tutte le università, per ricordare le nostre colleghe e i nostri colleghi che oggi per noi hanno dato la vita.
Venticinquemiladuecentotrentasei upvotes.
Tommaso Z. Contò
Ha 23 anni. È nato e cresciuto nella campagna veneta, da cui è scappato a gambe levate non appena ne ha avuto occasione. Ha una laurea in diplomazia, ma è stata più un incidente di percorso che altro. Attualmente vive a Roma, lavora come editor per la casa editrice STC Edizioni e, quando capita, scrive racconti.
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